La macchia meditarrena di Peschici dopo l'incendio del luglio 2007 (per non dimenticare...)

venerdì 9 dicembre 2011

Il Morbo di Neon (Guerra Edizioni)

altri link: http://www.ibs.it/code/9788855703741/de-cosmo-gabriele/morbo-neon.html
http://www.libreriauniversitaria.it/morbo-neon-cosmo-gabriele-guerra/libro/9788855703741


Sono partito dopo il liceo con in testa l'idea di una malattia immaginaria spacciata come reale: un morbo della luce che stravolge la normalità dello sguardo, indotto da una realtà (quella degli edonistici anni ottanta) che mi appariva magica ma anche generatrice di distorsioni psichedeliche, età delle discoteche, del benessere facile (ereditato da chi fece la guerra) tempo della visione lussureggiante, tempo frale e caduco, epoca del fatuo che appunto ci ammorbava. Nella prima parte prevalgono i sintomi, soprattutto immagini e tinte, che risultano "difficili" o incomprensibili, (così ha osservato qualcuno) poprio in quanto i segni di un fenomeno non sono sempre afferrabili e si presentano spesso come alogici, addensandosi come nebbie e vapori sugli occhi...
Questo il "Morbo", specie nelle sue prime due sezioni che più lo caratterizzano nella sua genesi, con versi che possono apparire lontani dall'esperienza comune e da certi schemi di poesia vagheggiante, ma che si reggono proprio su questa assenza di scopo di una sintomatologia cantata (la musica è molto presente in quelle poesie) senza alcun intento diagnostico, marcatamente cognitivo. Prima ci sono i Sintomi... in fabula, cioè caduti come lupes in fabula nello scenario della vita e dei ricordi, piuttosto apparentati al genere fiabesco, così poco coltivato dalla poesia del secolo scorso. Poi i rimedi, tuffi in un reale più concreto, ma essi stessi contaminati dal morbo, in "Antidoton", in cui si riapre spazio per alcune storie emotive.
La raccolta poi prosegue in sillogi sempre più recenti, più vicine al mio io di oggi, in cui si va da un impegno drammatico, di poesia teatrale o teatralizzata, della Città di Bolo all'esperimento di poesia epica di Epopea della metro che cerca di ripercorrere il doppio binario della vita passata e presente, del poeta adolescente del ricordo e di quello della realtà frenetica di una metropolitana che simboleggia la vita.
Infine l'ultima sezione, La terra di Falbamoon, breve raccota di tre anni fa, che riprende un verso spezzato, senza punteggiatura, libero e slegato, molto più aderente al fiato della società che mi ritrovo, da adulto, a respirare, con tutte le sue stridenti aporie, di sensi, di scopi, di paesaggi degradati...

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